Chiara

La solitudine. E’ isolamento e perdita.
Penso sia la mia paura più grande, perché sento sempre il bisogno di avere delle persone accanto. Il mio carattere, la mia persona sono definiti solo grazie alla continua relazione con gli altri. Per me restare sola significherebbe aver perso una parte di me e non aver dato il giusto valore ai legami con le persone che contribuiscono a rendermi quella che sono.
Ho voluto rappresentarla attraverso un punto nel vuoto, perché la solitudine è anche sentirsi insignificanti come una sola goccia che esce dal mare e abbandona le altre.

“Ormai che ho imparato a sognare non smetterò”.
Ho tanti sogni, alcuni più piccoli, altri più grandi. Mi auguro di sognare sempre e provare ogni giorno ad aggiungere piccoli tasselli alla scala che mi porta al punto di arrivo, ognuno dei miei desideri.
La rivelazione del mio sogno nel cassetto è sempre stato il mio punto debole. Perché non ho Il sogno. Ne ho tanti, ma forse nessuno all’altezza di quel sogno nel cassetto che gli altri si aspettano di sentire.
Da “brava” copywriter cerco sempre di apprezzare anche i bei testi altrui, che siano canzoni, articoli di blog o brevi pensieri. Così, ho scelto una parte della canzone dei Negrita che mi ha sempre colpita. Tutti impariamo a sognare fin da bambini, senza che nessuno ce lo spieghi. E’ un potere che nessuno ci può portar via, nemmeno chi ci obbliga ad avere e a dire un sogno.

Un foglio bianco da riempire. La scrittura è la mia passione e il mio rifugio.
La scrittura mi ha accompagnata in molti momenti della vita. Una passione che è nata come sfogo, bisogno. Da frasi scritte per caso nelle note del telefono, sono arrivata alla pubblicazione di un breve romanzo. Come? Guidata dalla passione. Un suo sinonimo potrebbe essere “necessità”. Attraverso la propria passione, ognuno trova il modo di presentarsi e rappresentarsi. Ed è questo forse il segreto per capire cosa ci appassioni davvero.
Per mezzo della scrittura ho modo di riflettere su me stessa e mettere nero su bianco ciò che sento, ciò che penso. Per usare le parole di un critico letterario: “si scrive sempre di ciò che si conosce”. Uno scrittore, quindi, ha bisogno di descrivere ciò che vede, magari inconsapevolmente, per dargli un senso.